Fabrizio Breschi eletto
"Accademico d'Onore"
dell'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze
Ottobre 2021

Da sempre è l’alba, per me, il momento più bello del giorno. Ricordo quando tredicenne prendevo ogni mattina il treno delle 6,32 che mi portava a Firenze, dove frequentavo il liceo artistico, e, dopo pochi minuti, appariva ai mie occhi, come per incanto, il grande complesso industriale dello Stanic (alla periferia di Livorno) fatto di ombre e magici riflessi dei più vari colori. È in quei momenti che probabilmente si è sviluppata nella mia mente quella che, di lì a qualche anno, sarebbe diventata la mia pittura. Ancora adesso provo una piacevole sensazione nell’alzarmi di buonora e, nel silenzio della città che ancora dorme, prendere il caffè e rivisitare ciò che ho prodotto sulla tela il giorno precedente.
E poi rimettermi a lavorare nella mia casa-studio da cui godo della vista delle colline livornesi da un lato e dall’altro quella del mare dominata dalla vecchia torre del Marzocco.
È un’emozione pura quella che ancora oggi provo nella stesura con il pennello dei colori sui vari supporti da me utilizzati. In quel gesto c’è una particolare forma di sensualità di cui non riesco a fare a meno.
Ricordo che un caro amico, nonché mio collega ai tempi in cui ero docente di pittura a Brera, una volta mi disse: non faresti prima ad eseguire i tuoi motivi tubolari con l’uso del computer?
Lui non capiva che il mio piacere consiste nella difficoltà di ottenere con il pennello quelle sfumature, con cui sfido il mezzo tecnologico così sviluppato nella nostra epoca, e che probabilmente è la dimostrazione, a me stesso, che nel mio DNA c’è qualche traccia di quello dei pittori toscani del “Cinquecento”.

Fabrizio Breschi